Storia
DA SOCRATE ALL’ESCURSIONISMO ESTREMO
Storia del GMC (2008-2016)
N.B.: per leggere la versione integrale della storia del “Gruppo Montagnardo Colombiano” dal 2008 al 2016, con il contributo degli studenti escursionisti, acquista il libro DAI BANCHI DI SCUOLA AI SENTIERI DI MONTAGNA; per gli avvenimenti successivi al 2016, consulta la pagina delle News
La prima volta che accarezzai l’idea di realizzare una gita in montagna con i miei studenti stavo scendendo dal Monte Thabor, il possente tremila che domina la Valle Stretta. […] Era l’estate del 2004. Per me si trattava del quarto anno di ruolo, trascorso eccezionalmente – in assegnazione provvisoria – presso un liceo della mia città. Ancora non sapevo dove avrei proseguito la mia “carriera” di insegnante. Pensavo ai ragazzi che avevo da poco lasciato: chi mai di loro avrebbe potuto accogliere un invito tanto originale? Per quanto ciò che provavo ad immaginare fosse affascinante, in tutta sincerità mi sembrava fantascienza. L’anno successivo venni assegnato alla scuola dove insegno tuttora. […] L’impertinente idea non tardò ad esigere di nuovo la mia attenzione. E tuttavia, ritornava contestualmente la medesima domanda: avrebbe attirato anche l’attenzione dei ragazzi? L’occasione per verificarlo si presentò nella primavera del 2008. Con i miei alunni di quinta avevamo sfidato a calcio un’altra classe dell’istituto. Durante il rituale post-partita in paninoteca emerse che uno studente residente a Rapallo non era mai stato sul Manico del Lume, un monte a me caro in quanto meta di una delle mie prime ascensioni solitarie, compiuta all’età di 17 anni. Ebbene, il giorno dopo proposi alla classe di percorrere insieme l’itinerario che sale da Recco, classificato dalla FIE (Federazione Italiana Escursionismo) come “difficile” per la presenza di un tratto attrezzato in corrispondenza di un passaggio un po’ esposto. Programmai la gita approfittando dell’imminente ponte del 1° maggio. Rispose all’appello soltanto un ragazzo, che non era lo studente di Rapallo. […] All’inizio del nuovo anno scolastico dissi alla quinta entrante – desiderosa di conoscere il mio parere in merito alle destinazioni indicate dal consiglio di istituto per la tanto attesa gita di classe – che avrebbe potuto rivelarsi molto più formativo, rispetto al solito pacchetto preconfezionato offerto dalle agenzie, un viaggio di istruzione da realizzarsi a stretto contatto con la natura, in totale autonomia dal punto di vista logistico (pasti, pernottamenti, spostamenti, attrezzatura): in altre parole, un trekking. Ero consapevole di dire una cosa molto impopolare […]. Passarono alcuni mesi senza che ritornassimo sull’argomento. Ma avevo buttato un seme. Dopo le vacanze di Natale, infatti, i rappresentanti di classe – delusi dalle proposte, alcune delle quali molto costose, pervenute dalla commissione incaricata – mi chiesero se fossi stato sempre disponibile ad organizzare un trekking in luogo della tradizionale gita scolastica. […] Stavano sfondando una porta aperta… […] Al trekking decidemmo di non limitarci a camminare, cucinare ecc. Il programma prevedeva la discussione libera, da tenersi almeno una volta al giorno, di temi proposti e presentati dai ragazzi: si parlò quindi del rapporto tra pensiero e linguaggio, della comunicazione, dell’energia nucleare... Svolgemmo inoltre un’articolata attività sulla conoscenza di sé ispirata all’analisi transazionale di Berne, al metodo per l’analisi delle interazioni di Bales e alle “finestre” di Johari. L’aspetto didattico dell’iniziativa era salvo. Fu pertanto naturale definire la nostra gita alternativa “trekking filosofico”. […] Va da sé che eventi di questo genere siano difficilmente ripetibili. Ma ormai non c’era più motivo di esitare: il trekking filosofico aveva ampiamente dimostrato come condividere le emozioni (uniche) della montagna con i miei studenti fosse possibile. Così, nell’autunno di quello stesso anno 2009, decisi di proporre alle mie classi (dalla quarta in su) e ai miei ex-alunni dei due anni precedenti una serie di gite domenicali a cadenza mensile a partecipazione libera, aperte a chi avesse desiderato «mantenere (o instaurare) un contatto stimolante e salutare con la montagna» […]. Per garantirci una maggiore libertà d’azione preferii evitare qualsiasi forma di istituzionalizzazione del progetto, precisando ai destinatari dell’invito che non si sarebbe trattato di un’attività scolastica ma della spontanea iniziativa di un singolo insegnante, peraltro ben lieto di assumersi tutte le responsabilità del caso. Nasceva così il “Gruppo Montagnardo Colombiano” (GMC), […] dove l’aggettivo colombiano – che in origine assolveva una funzione autoreferenziale, allo scopo di distinguere in modo esplicito tali attività dal piano dell’offerta formativa della scuola – avrebbe in seguito connotato geograficamente il nuovo gruppo escursionistico in virtù del possibile riferimento alla figura del grande navigatore di casa nostra. […] Alla prima gita aderirono in sette. Presto capii che uno dei maggiori ostacoli inibenti la partecipazione era l’idea di doversi alzare presto anche alla domenica mattina. I numeri non sarebbero mai stati alti (con qualche eccezione). Tutto sommato, meglio così: le cime dei monti non amano le folle. Ad ogni modo, da allora, oltre cento studenti del liceo nel quale insegno hanno aderito al progetto! Confesso che ancora oggi continuo a percepire ogni nuova gita come un miracolo che, incredibilmente, si ripete. Tra il dicembre del 2009 e il maggio del 2010 effettuammo sette escursioni di un giorno. A quel punto, i tempi erano maturi per qualcosa di più impegnativo. Proposi di realizzare un trekking estivo sulle Alpi, individuando un percorso ad hoc che ottimizzasse costi e fatica e garantisse ad un tempo il massimo interesse dal punto di vista paesaggistico, nonché la massima varietà in termini esperienziali. […] Una settimana prima dell’inizio del nuovo anno scolastico lanciai l’idea della “gita balneare”. «Per “gita balneare” – scrivevo ai ragazzi – si intende un’escursione a piedi nelle verdeggianti valli del nostro Appennino avente per meta, anziché la cima di un monte, uno specchio d’acqua sufficientemente ampio e profondo da costituire una vera e propria piscina naturale. Una sorta di “biathlon montagnardo”, insomma, che abbina la camminata (breve) ad una rinfrescante nuotata nelle limpide e incontaminate acque di incantevoli laghetti». L’intenzione era quella di avvicinare alla montagna anche i meno allenati, i più titubanti, in ogni caso tutti coloro solitamente frenati dal timore di non farcela. […] La stagione escursionistica 2010-2011 avrebbe fatto da spartiacque tra gli anni eroici delle prime sperimentazioni e l’era delle grandi imprese. Fu infatti allora che iniziò a prendere corpo il progetto di attraversare l’Islanda dalla costa Sud alla costa Nord, poi programmato per l’estate del 2012. […] Già da alcuni mesi ci confrontavamo febbrilmente sull’equipaggiamento adeguato ad una simile impresa. Per mettere chilometri e forza muscolare nelle gambe, la frequenza delle gite aumentò considerevolmente. Per acquisire consuetudine con le basse temperature programmammo diversi pernottamenti in tenda nei mesi più freddi realizzando il primo trekking invernale. […] Arrivammo alla partenza per l’Islanda preparatissimi, perfino di più di quanto – a posteriori – ci sarebbe apparso effettivamente necessario. Fu anche per questo – e cioè per sfruttare l’allenamento conseguito – che, al rientro, concepii l’assurdo progetto di percorrere l’intera Alta Via dei Monti Liguri […] durante le vacanze di Natale, dal 26 dicembre al 6 gennaio. Per giustificare l’ambizioso progetto mi ripetevo che, dopo tutto, percorrere l’Alta Via in altre stagioni sarebbe stato banale. Ma, al di là delle complicazioni che l’inverno fatalmente comporta (neve sicura, temperature polari, maggiore probabilità di maltempo, poche ore di luce ecc.), pensare di coprire una distanza di 427 chilometri e un dislivello positivo di oltre 15000 metri in soli dodici giorni poteva apparire un piano a dir poco temerario! Tutti coloro ai quali riferivo le nostre intenzioni mi dicevano che non ce l’avremmo fatta. E tuttavia, aiutati anche questa volta – come in Islanda – dal bel tempo (segno che tali progetti sono evidentemente graditi a chi governa questo genere di cose), riuscimmo nell’impresa, stabilendo probabilmente un record che, tenuto anche conto della stagione, difficilmente verrà battuto! […] Dopo Islanda e Alta Via, la nuova idea che avrebbe funto da “faro” nei mesi e anni successivi sarebbe stata la Grande Randonnée n. 20 (meglio nota come “GR20”), ossia il mitico itinerario che attraversa la Corsica da Nord-Ovest a Sud-Est lungo lo spartiacque principale, definito da molti “il trekking più duro d’Europa”. Venne originariamente programmato per l’estate del 2013, ma un infortunio ad un ginocchio che mi trascinai per parecchio tempo dopo l’Alta Via lo fece slittare di due anni. In compenso, nell’estate del 2013 venne posta una nuova pietra miliare nella storia del GMC: un quattromila! […] Per il battesimo in alta quota scegliemmo il Castore, nel gruppo del Monte Rosa. […]. La giornata era splendida, il ghiacciaio in condizioni perfette. Percorremmo l’aerea cresta sommitale con un po’ di trepidazione, ma con il cuore esultante di gioia per quello che i nostri occhi potevano vedere. A metà mattinata eravamo già di ritorno al rifugio, con tanta felicità per la nuova (sospirata e meravigliosa) missione compiuta. Dall’escursionismo estremo eravamo ufficialmente passati all’alpinismo classico. […] In autunno venne realizzata la prima “gita enogastronomica”, vale a dire una camminata con tappa in trattoria, destinata a diventare un atteso appuntamento fisso di ogni nuova stagione. Per l’inverno 2013-2014 era stato programmato un trekking sull’ancora inesplorato Appennino tosco-emiliano, ma il maltempo ne causò lo slittamento all’anno successivo. Intanto stava consolidandosi la tradizione di programmare per l’ultima domenica di gennaio un’escursione accessibile a tutti, con poco dislivello e tempi di percorrenza contenuti. Un’idea che – concepita come la gita balneare e la gita enogastronomica allo scopo di favorire la partecipazione – avrebbe portato abbondanti frutti! […] E venne il momento di imbarcarci per la Corsica (estate 2015). Una nuova sfida, affrontata con la massima serietà, come era stato il caso dell’Islanda e dell’Alta Via. […] Questa volta accorpammo alcune tappe per scelta – piuttosto che per necessità – e coprimmo l’intero percorso in poco più di nove giorni: un’esaltante cavalcata di 188 chilometri ed oltre 13000 metri di dislivello positivo, con la variante (ovviamente irrinunciabile) del Monte Cinto. Sull’abbrivio della nuova impresa, a fine agosto, ci togliemmo la soddisfazione di andare a prendere un caffè alla Capanna Margherita, il rifugio più alto d’Europa […]. Un’estate particolarmente calda aveva reso il ghiacciaio del Lys più crepacciato del solito, ma ciò non ci impedì di conquistare la quarta cima del Monte Rosa in gran scioltezza, superando diverse cordate (alcune delle quali francamente imbarazzanti) partite prima di noi. […] Era l’apoteosi di un’annata strepitosa. […] La caratteristica saliente della stagione escursionistica 2015/2016 è stata, senza dubbio, l’esplorazione del genovesato. Se dopo l’Islanda, percorrendo l’Alta Via, ritornavamo con accresciuta convinzione ai monti della nostra impareggiabile regione, dopo la Corsica l’intenzione è stata quella di favorire la riscoperta delle valli a ridosso della città, facilmente trascurate dal camminatore medio per l’attrazione esercitata dai “classici” dell’escursionismo ligure. […] Per celebrare il centocinquantesimo giorno di attività montagnarda a partecipazione studentesca (30 aprile 2016) abbiamo deciso di realizzare un’escursione un po’ diversa dal solito: un’ascensione notturna. È stato spontaneo scegliere di salire sul Monte Rama, un’elegante piramide dalle caratteristiche quasi alpine nell’entroterra di Arenzano, dai cui ripidi pendii si gode costantemente di un’affascinante vista mare. Per salire sul Monte Rama esistono la via normale, la via diretta e la via direttissima. Noi, che siamo escursionisti estrosi, abbiamo fatto la via direttissima di notte. Molto altro bolle in pentola e Dio solo sa per quanto tempo ancora sarà possibile dare seguito a questa bellissima avventura. […] Le idee si moltiplicano e non è facile tener dietro a sogni e suggestioni. I ragazzi stessi sono diventati a tal punto protagonisti da suggerire mete e itinerari. Per conto mio, serberò nel mio cuore il ricordo di queste giornate davvero speciali come un tesoro di inestimabile valore. Come insegnante non potrei chiedere di più.
Roberto Colombo