Perché in montagna?
«I monti sono maestri muti e fanno discepoli silenziosi», diceva Goethe. La montagna come scuola, dunque. Una scuola in cui non si vende fiato, perché il fiato serve tutto per arrivare in vetta: chi fa l’insegnante sa bene che a fine mattinata, dopo tante parole, si avverte un certo fastidio a sentire risuonare la propria voce… Ebbene, i monti non parlano. Ma, a loro modo, insegnano. E lo fanno nel senso più proprio del termine; lasciano, cioè, il segno, in una maniera anche più incisiva di quanto non si riesca a fare a scuola: un’esperienza in montagna non si dimentica così facilmente come può capitare di dimenticare una lezione di scuola. La montagna tempra il fisico, fortifica il carattere, nutre lo spirito. Di più: in montagna non si può mentire! L’essenzialità delle condizioni, la fatica, le difficoltà fanno cadere le maschere che fatalmente si indossano in città. In montagna si diventa ciò che si è, per usare un’espressione niciana. Emergono, così, qualità e virtù che in classe restano spesso nascoste e i ragazzi scoprono un modo sano, spontaneo e non indotto, di divertirsi e di stare insieme. In montagna si impara a conoscere se stessi: i propri limiti come le proprie potenzialità. Si impara a condividere (l’acqua, i viveri, …) e ad aiutarsi. Si impara ad ascoltare e si impara che la vetta bisogna conquistarsela. La montagna come scuola di vita, insomma.